“Grazie alla commissione che ha voluto premiare questo cortometraggio, è una vittoria che condivido con le persone che l’hanno fatto insieme a me, siete stati la squadra più bella che potessi sperare di avere. Grazie al centro sperimentale, grazie al mio distributore Prem1ere Film, grazie al primo festival che ha voluto selezionare questo cortometraggio dandoci fiducia quando ne avevamo bisogno che è la Berlinale. Grazie alla mia famiglia che mi sta guardando e , dei tanti maestri che ho avuto in questi anni, nei voglio ringraziare due in particolare: una è qui stasera , è Francesca Manieri che ci ha guidato nella scrittura di questo cortometraggio e un altro non è qui stasera ma è stato importante, è Gianni Amelio perché Gianni è stata la prima persona di questo vostro mondo a dirmi sei un regista e io questa cosa non me la dimentico, grazie”.
Per come lo conosco io il cuore gli avrà battuto a mille e se avesse potuto su quel palco non ci sarebbe salito. Lorenzo Tardella è fondamentalmente timido, fondamentalmente umile e schivo. Nel suo lavoro ci crede, ci si butta con tutta la passione e l’anima ma non ama i riflettori, ama piuttosto stare dietro la macchina da presa e quando ci sta, poi, fabbrica dei gioiellini. Pertanto non ci sorprende proprio che Lorenzo abbia scalato l’immaginifico olimpo vincendo un David di Donatello con un corto bellissimo. No, non ci sorprende e crediamo (e gli auguriamo vivamente) che questo sia solo il primo passo di una carriera luminosa. Che si merita tutta.
Tutto ciò detto, dunque, ieri sera a Lorenzo Tardella, narnese doc, Carlo Conti e Matilde Gioli, conduttori della serata, hanno consegnato il David per il miglior corto del 2023 che è stato considerato “Le variabili dipendenti”. “Stamattina eri emozionato” gli dice Matilde Gioli, Lorenzo non risponde o forse sussurra “peggio”. Carlo Conti gli chiede quanti anni ha e lui risponde: “più di quelli che dimostro”. Poi gli tocca fare il breve discorso di cui sopra: “30 secondi, ce la posso fare”. Ce l’ha fatta. Grandissimo Lorenzo.