Se ne è andato ad 80 anni, nel giorno di Pasqua, Bruno Cinaglia, architetto, artista, uomo di cultura. Era una grande persona, sempre disponibile, di una generosità unica.
Era nato a Terni il 19 gennaio 1941 e ad appena sei anni ha vinto un premio scolastico a carattere nazionale. Conseguita la maturità al liceo artistico Mattia Preti di Reggio Calabria, si è laureato in architettura all’Università di Roma. Tra il ‘62 e il ‘69 ha partecipato a mostre studentesche e saltuariamente ha scritto articoli di critica d’arte. La sua prima produzione pittorica è caratterizzata da esplosioni di colore, poi realizza figure smarrite, colte di spalle, mestamente sole. La ricerca estetica lo porta quindi a eseguire, molto spesso con la pittura alla nitro, figure con tratti nervosi, risolte con rigidi colpi di colore, con raschiature sulla tela che sembrano richiamare graffiti stilizzati. Nel ‘70 un suo quadro viene selezionato da una giuria composta da Pier Paolo Pasolini e Carlo Levi ed esposto al premio Marino Mazzacurati di Alba Adriatica. In questi anni nasce una lunga sequenza di opere con la quale l’artista affronta la difficile condizione-uomo. E’ il periodo, infatti, delle formicotudini: migliaia di segni-simbolo riempiono la tela per denunciare, come ha detto il pittore stesso, “il mantenimento di cicale che vivono spensierate fuori dal formicaio”. In questa fase Cinaglia partecipa a diverse esposizioni: alla Biennale di Taranto nel ’72; nel ‘73 con Fatati, Ciaurro, Mercuri e Mirimao al Palazzo Cittadini a Terni nell’ambito della Settimana dell’arte e della cultura; nel ‘75 al Nido Azzurro di Roma insieme a Calabria, Mirimao, Norberto e Fabri; al decimo Premio internazionale di pittura Città Eterna 1977. Alla prima edizione del Premio nazionale di Pittura Felice Fatati del 1989, fa parte di una rosa di dieci artisti selezionati da una qualificata giuria. Nell’attività artistica, Cinaglia non tralascia mai la pittura di denuncia: negli anni ‘80 affronta un tema ecologico. Tronchi contorti, scortecciati, schiantati, come forme scheletrite, inseriti su fondali risolti con intenso vigore cromatico, con lampi guizzanti di luce acquistano un loro significato emblematico. Così come gli uccelli protesi verso un improbabile volo, palloncini che tendono verso l’alto, fiori luminosi appena accennati. Nella produzione più recente le opere, inserite in un costruttivismo estetico di rigore geometrico, sono caratterizzate da griglie a nido d’ape di cartone, fili spinati: ancora un atto di denuncia, questa volta contro l’isolamento, l’indifferenza, le recinzioni ideologiche.
Quindi è un percorso estetico che viene la lontano, quello di Bruno Cinaglia, scandito da ricorrenze e recuperi tematici, ma sempre improntato ad una coerenza stilistica pur nella varietà dei temi trattati. Temi, comunque, dettati da motivazioni etiche e la difficile condizione-uomo è affrontata con rigore, incisività, intensità. L’impatto emozionale è forte. Una presa di coscienza, un atto d’accusa, la sensibilità di un artista, ma soprattutto di un uomo che mancherà molto.
Alla famiglia le condoglianze di Terni in Rete.