Sì, teoricamente è differente. Il voto alle elezioni politiche è una cosa, alle amministrative un’altra. Ma il simbolo, sulla scheda elettorale, rimane sempre quello. E alla fine la politica paga anche il pegno amministrativo locale. Adesso debbono crederci, quelli della sinistra ternana e umbra, e specie quelli del Pd: l’assicurazione è scaduta. Bene o male se l’erano sempre cavata e c’è persino chi ancora oggi, in contemporaneità con una batosta elettorale che ha fatto giallo-azzurra una regione rossa, arriva a pensare che, vabbè, forse però quando si voterà per il Comune di Terni (di qui a poche settimane) le cose andranno diversamente. C’è chi ancora conta che una rete di rapporti stretti e clientele possa reggere. Illusioni. Anche se di pochi.
I più si rendono conto che i voti sono andati e vanno ad altri perché la sinistra ternana (e umbra) è quanto meno disorganizzata? O è ancora colpa di Renzi che non candida qualche cavallo bolso locale oppure del Governo che dimentica queste zone? Forse, anche questo. Ma come non tenere a mente le guerre fratricide cruente? Come non ricordare che c’è in atto una braccio di ferro tra Perugia e Terni, ma anche tra Perugia e altre realtà importanti dell’Umbria? Un braccio di ferro che ha come scopo l’accorpamento dei centri decisionali nella “capitale” della regione. Supportato, pare, da una eccessiva sicurezza nel fatto che, bene o male, poi, la barca andrà. Logica ormai superata dai tempi, se non altro perché è venuto a mancare il collante dell’ideologia.
La società in Umbria è cambiata, così come nel resto del Paese e – visto che ci siamo – nel resto del mondo. E non sembra aver senso discutere se si tratta i cambiamenti in termini negativi o positivi.
Impegnati a discutere chiusi dentro le stanze delle sedi del Pd, non si è più stati in mezzo alla gente e non si è fiutata l’aria di cambiamento. Non si è compreso a sufficienza che stavano mutando esigenze, bisogni, richieste, mentalità. La classe dirigente di una regione individuata per decenni come riserva aurea della sinistra; una regione solidale, pronta a raccogliere le istanze dei più deboli, a cavalcare riforme e progresso si è mossa con circospezione tale da divenire – all’opposto – timorosa di infrangere lo status quo, preoccupata di mantenere un consenso basato su equilibri delicati e a volte su reti clientelari. Paralizzata.
Questa volta non è la sconfitta, nata da una serie di situazioni particolari e coincidenti, come nel caso dell’elezione di Ciaurro. E’ qualcosa di più “strutturato”. Un’esigenza di cambiamento talmente forte da spingere gli elettori a rischiare il salto nel buio purché ci sia una scossa; purché si superino il torpore e l’ignavia che possono diventare il paravento di comportamenti gravi e scorretti.