di Chiara Furiani
L’apocalisse si avvicina e noi facciamo finta di niente.
E’ una perfetta metafora del terribili tempi che stiamo vivendo il bellissimo lavoro di Thom Luz in prima nazionale in questi giorni al Teatro Morlacchi di Perugia.
Davvero un bel colpo per il Teatro Stabile dell’Umbria riuscire ad accaparrarsi l’ultima fatica del regista svizzero tedesco, uno degli astri nascenti della scena teatrale internazionale.
Un gruppo di camerieri in perfetta uniforme presidia un ristorante deserto, completamente vuoto di avventori.
E’ l’ultimo avamposto di una località turistica un tempo frequentatissima, per la presenza di una bellissima cascata; ora del tutto prosciugata a causa di un improvvido intervento umano, la deviazione di un fiume per la creazione di una centrale elettrica che sulla carta doveva permettere di aumentare lo sfruttamento dell’area.
I segni della catastrofe ci sono tutti: la struttura cade a pezzi e si odono crolli in continuazione, piovono calcinacci, in terra e’ pieno di stoviglie in cocci.
Tuttavia i personaggi della piece continuano a presidiare, non possono immaginare la loro esistenza altrove e anzi sognano un impossibile ritorno al passato, che vediamo rappresentato attraverso una sorta di diorama che materializza l’irrealizzabile visione.
Ciò che rende questo lavoro davvero originale sono gli inserti musicali, veri e propri intermezzi di brani cantati o semplicemente suonati, splendidamente eseguiti, ma totalmente fuori contesto, anche se in realtà efficacissimi, poiche’ contribuiscono alquanto ad aumentare la sensazione di straniamento.
Torna alla mente “Prova d’orchestra” di Fellini, si rappresenta cioè lo stesso scollamento tra reale e percepito, tra progressiva perdita di fondamenta e negazione della realtà… quel ballo sul Titanic che acceca e stordisce chi di li’ a poco sperimenterà la catastrofe.
Ci siamo dentro anche noi, Luz ci fa da specchio.
E come tutti I grandi, coglie puntualmente il segno, tratta di faccende pesantissime, ovvero del futuro che potrebbe aspettarci, senza retorica bensì attraverso la sottile arte della metafora.