Può succedere che in famiglia si litighi, anche per motivi banali.
E’ ciò che sarebbe capitato a una giovane coppia di Terni, 39 anni lui, 38 anni lei, in un giorno di maggio del 2017. In quella circostanza la donna decide di recarsi in questura a raccontare i fatti nel tentativo di ritrovare l’armonia famigliare.Il compagno, infatti, minacciava di lasciarla.La donna racconta anche che nel corso della discussione il compagno l’avrebbe sfiorata involontariamente con un braccio, a un orecchio. Accompagnata al prono soccorso dell’ospedale viene dimessa con una prognosi di guarigione di 4 giorni. Il giorno successivo viene di nuovo accompagnata al pronto soccorso e questa volta la prognosi è di 21 giorni. La donna si fa visitare in un altro ospedale e in quella circostanza non le viene riscontrata alcuna lesione e , quindi, non si rende necessaria alcuna prognosi di guarigione.
Perché questa coppia si decide a rendere pubblica questa circostanza privata? Perché da quel momento si è innescato un meccanismo che potrebbe portare anche all’allontanamento da casa dei loro figli.
Ne hanno 3, tutti minorenni di 12,9 e 3 anni.I più grandi ascoltati anche dagli inquirenti per cercare di capire se in famiglia ci sono stati anche altri episodi violenti e se anche loro ne sono rimasti vittime. I bambini negano.
Questo non basta a bloccare le indagini.La magistratura, gli assistenti sociali del comune, ci vogliono vedere chiaro e intendono riascoltare i bambini e monitorarli.
“Noi aspiriamo ad avere solo una vita normale, come una famiglia normale, quale siamo. Io e la mia compagna stiamo insieme da 16 anni, una lunga e felice relazione che culminerà, nei prossimi mesi, nel matrimonio.Questo è stato l’unico, stupido, episodio contrastato, rilevante, che accaduto in questi anni di vita insieme.Un episodio, però, che rischia costarci tantissimo e secondo noi è una vera ingiustizia.Ci sentiamo vittime, noi, di mala-giustizia.”
“Io non bevo, non faccio uso di sostanze, lavoro, sono uno chef e mi ritengo un compagno e un padre normalissimo.Anche mia moglie lavora presso un ente pubblico.Non abbiamo, quindi, nemmeno problemi di natura economica.”
Il loro appello finale:”ridateci la nostra vita, non fateci vivere in questo incubo.”