“Il capitano non abbandona la nave che affonda” e così la segretaria del Partito Democratico ternano rimane abbarbicata alla cima dell’albero maestro, di cui solo la parte più in alto resta ancora fuori dall’acqua. Lei e la sua segreteria non se ne vanno, nonostante la richiesta sia arrivata da più parti alla riunione dell’assemblea comunale. Abbracciata all’albero, sostenuta da quattro o cinque nostromi che continuano a indicarle la rotta verso gli scogli, tutti incuranti del cozzo ormai prossimo, evitabile forse solo se loro abbandonassero invece la nave che si troverebbe d’improvviso alleggerita.
E così sembra che a via Mazzini, sede del Pd, sia stato rimesso indietro il calendario, che il partito per anni alla guida della città, non sia ormai non più considerato un interlocutore. Appare soprattutto come un partito che si limita a battere e ribattere la palla all’interno dello stanzone di via Mazzini, quello delle riunioni “plenarie”, a parlare, litigare e discutere soprattutto di sé stesso. Dimenticando che fuori di quelle finestre c’è una città intera. La città intesa come periferie, come comunità, come summa di esigenze, problemi, paure, ma anche come entità dinamica: quella delle associazioni – dal sindacato al volontariato – delle imprese, dei commercianti, delle partite Iva, dei professionisti.
Un Pd ternano scarsamente considerato pure in ambito regionale. Con la presidente Marini che lo accusa di incapacità nonostante abbia da guardare a non poche “cose sue”: vincere a Corciano – sia detto con tutto il rispetto – non è la stessa cosa che vincere a Spoleto, a Umbertide, a Todi. E’ vero, come ha detto nella più volte rinviata assemblea comunale del dopo voto la segretaria Sara Giovannelli, che le colpe non stanno solo da una parte, che le difficoltà vengono da lontano, frutto rinsecchito, ormai, degli alberi del passato, dalle querce agli ulivi. La colpa è di tutti, come dice la segretaria, e quindi nessuno è escluso. Nemmeno chi –come lei – è arrivato alla guida del partito solo da pochi mesi, dopo un congresso sfilacciante, fatto a ridosso delle elezioni politiche e mentre la giunta comunale tremava come fosse almeno al nono grado della scala Richter.
In situazioni come quella registrata alle ultime amministrative a Terni, quando contavano onore e dignità, si sapeva bene che fare: dimissioni (ma vere), un bel passo indietro o di lato per dare una mano acché il resto vada avanti. Altro che “capitano della nave”!
Col calendario rimasto fisso sulla pagina di febbraio, continua come se niente fosse il solito confronto a sciabolate, per contendersi posizioni di potere che sono ormai banconote fuori corso, dopo le “botte” elettorali che, a dispetto della teoria dello struzzo, ci sono state.
Eppure a cercarlo un barlume di aspettativa nei confronti del Pd e forse più in generale del centrosinistra, sembra ci sia ancora se una riunione convocata dall’ex sottosegretario Gian Piero Bocci (non rieletto a Perugia il 4 marzo) a Terni fa il pieno, con presenze significative in platea.
Infine: è stato ufficializzato il consiglio comunale. Il Pd, che era maggioranza, è diventato minoranza della minoranza. Un ruolo difficile da interpretare, specie per chi non è abituato. Come mostrare allora di esistere ancora? L’unica chance appare l’elaborazione di un progetto amministrativo serio, preciso, che individui i problemi, le esigenze, le paure; che combatta la mancanza di prospettive. Un progetto chiaro e forte che per essere tale non può che essere costruito mediante percorsi aperti, di discussione e confronto e che poi sia sostenuto con convinzione da tutti. Invece il rischio è che il capitano abbarbicato porti nell’abisso con sé, oltre alla barca, anche tutti i marinai. I nostromi? Quelli sono convinti di salvarsi ugualmente.
Oh, convinti loro!