“La discussione riguarda il progetto del Partito Democratico prima ancora che le persone, la natura stessa di quel tentativo, di quello sforzo, che noi facemmo 10 anni fa in quella vicenda storica e il grande interrogativo di come noi riscriviamo, aggiorniamo una parte fondamentale della ragione fondativa di questo progetto in virtù di quello che è accaduto.”
Lo ha detto Maurizio Martina, segretario reggente del PD che, nel pomeriggio, è intervenuto ai lavori della direzione regionale del partito che si sono svolti a Terni.
“Che cosa vuol dire essere oggi democratici – si è interrogato Martina – dentro il contesto europeo, cosa vuol dire oggi organizzare il campo dell’alternativa ad alcune forze senza però percorrere la semplificazione. Non ce la caviamo dicendo che noi siamo l’alternativa al populismo, dobbiamo anche smetterla di utilizzare queste categorie che ci rassicurano ma fuori di qui non vuol dire niente, anzi diciamola la verità, fuori di qui, se dici che sei alternativo ai populisti, vuol dire che sei tecnocrate o ,peggio ancora, sei l’establishment.”
“Il 4 marzo ci ha detto – ha insistito Martina – di aggiornare il progetto del Partito Democratico e il campo che intorno al PD si deve muovere oppure non se la caverà un leader, non se la caverà un gruppo dirigente, non se la caverà un territorio, ma subiremo tutti l’onda generale.”
Riferendosi all’Umbria Martina ha detto che “qui eravate abituati a interpretare un protagonismo autosufficiente ma la verità è che se si vuol ricostruire l’egemonia è necessario riconoscere che non si è più autosufficienti, bisogna riconoscere il cambio di fase che si è determinato e interpretare quel cambio di fase, non subirlo ma guidarlo. Qui le condizioni per farlo ci sono.”
“Il presupposto fondamentale – secondo Martina – è l’unità del Partito Democratico, è la precondizione e vi chiedo per favore non un generico impegno nella quotidianità, a partire da domani.”
Martina giudica poi un errore, anzi “una scorciatoia” l’idea del congresso “perché non ci basta una domenica al gazebo per affrontare i problemi enormi che abbiamo davanti.C’è un lavoro molto più delicato e profondo da fare.”
Prima del segretario aveva preso la parola la presidente della giunta regionale, Catiuscia Marini:”abbiamo vissuto in Umbria – ha detto la Marini – la cultura egemonica del Partito Democratico, abbiamo lavorato in una storia che ci ha visto essere centrali e determinanti nelle candidature dei sindaci, dei programmi di governo ma oggi siamo chiamati ad aprirci a un apporto della società civile che ci impone di giocare una partita non necessariamente da egemoni dello schema, in modo particolare nelle città più grandi e contendibili come Spoleto e Terni.” Un ragionamento che la Marini estende anche all’appuntamento delle regionali, nel 2020. La questione, per la governatrice, è come si apre il PD e come il PD “con umiltà prova ad incontrare iniziative che si stanno muovendo nelle città, anche a Terni e come il PD si rende disponibile e protagonista della costruzione di un progetto.”
Secondo la Marini il PD deve costruire qualcosa di nuovo, non come soggetto politico ma come campo per chi “non vuole morire populista, né nel populismo della destra, né in quello dei 5 stelle.”