La Acciai Speciali Terni chiarisce la sua posizione in merito alla richiesta della cassa integrazione per circa 1.200 dipendenti per 13 settimane. Attribuisce la richiesta al calo di ordinativi dovuto alla concorrenza selvaggia dei mercati asiatici. AST confida nel fatto che si tratti di un calo di ordinativi transitorio e ribadisce che l’obbiettivo dell’azienda è quello di “mantenere e incrementare gli attuali livelli produttivi e occupazionali.”
DI AST
La “cassa integrazione ordinaria” è lo strumento al quale diffusamente e abitualmente le aziende italiane fanno ricorso per fronteggiare cali temporanei dei volumi produttivi: a titolo di esempio, l’INPS ha comunicato che nel solo mese di luglio 2019 sono state autorizzate 8.847.531 ore di “cassa integrazione ordinaria” su tutto il territorio nazionale. Anche AST, come molte altre aziende, fa ricorso a questo ammortizzatore sociale ordinario, per il quale vengono regolarmente versati contributi all’ente previdenziale, ogni qualvolta vi siano variazioni significative nel volume degli ordini: è infatti già stata applicata da AST per tre settimane, tra dicembre 2018 e gennaio 2019, e in più occasioni negli anni 2016 e 2017. La “cassa integrazione ordinaria” viene normalmente richiesta per il periodo massimo di validità della autorizzazione rilasciata dall’INPS, pari a tredici settimane, e per il numero massimo di lavoratori ai quali potrebbe essere applicata, senza per questo volere significare che verrà utilizzata in modo così esteso. La recente apertura della “cassa integrazione ordinaria” nasce da esigenze congiunturali quali l’aumento del prezzo del nichel, che ha determinato un momento di pausa negli ordinativi dei Clienti, i quali vogliono vedere che cosa succede nelle prossime settimane: ci auspichiamo che sia qualcosa di transitorio. Ed in ogni caso il ricorso alla “cassa integrazione ordinaria” da parte di AST sarà strettamente correlato alla riduzione del carico d’ordini. Detto tutto questo, l’obiettivo fondamentale di Ast, come di ogni impresa che guardi al futuro, è quello di mantenere e incrementare gli attuali livelli produttivi e occupazionali. Resta da chiarire un punto fondamentale: fino ad oggi il calo degli ordinativi è stato il frutto di una concorrenza selvaggia, che arriva dai mercati asiatici, dove il costo del prodotto è notevolmente inferiore, a causa del basso costo dei salari dei lavoratori, della totale assenza di costi ambientali e di ogni tipo di tutela a difesa della salute dei dipendenti, nonché degli importanti aiuti pubblici a sostegno della siderurgia. Un segnale positivo, del quale valuteremo gli effetti nei prossimi mesi, arriva in questi giorni da Bruxelles, dove è stato stabilito di includere, a partire dal 1 ottobre, anche l’Indonesia nell’elenco dei Paesi in via di sviluppo soggetti alle misure di salvaguardia a tutela della produzione europea di alcuni prodotti siderurgici: fogli e nastri di acciaio inossidabile laminati a caldo, fogli e nastri di acciaio inossidabile laminati a freddo.