Che il 2020 sia stato un anno terribile è chiaro a tutti, ma anche il 2021 non si presenta con i migliori auspici. I dati su economia ed occupazione forniti dalla Cgil di Terni durante la videoconferenza di questa mattina per fare il punto della situazione e vagliare le prospettive, non sono affatto incoraggianti.
I numeri li ha forniti il presidente dell’Ires Cgil Umbria Fabrizio Fratini.
“Il 2020 si è caratterizzato per una perdita di occupati, circa 3.500 nel ternano nel primo trimestre 2020, ma anche per un incremento degli inattivi, ossia di persone che a differenza dei disoccupati, sono fuori dal mercato del lavoro, perché non cercano un nuovo impiego. A questo dato va aggiunto il quadro della cassa integrazione che al 31 ottobre 2020 conta quasi 11mila le domande accolte dall’Inps per la provincia di Terni”.
Nulla di buono neanche per quanto riguarda le previsioni macroeconomiche.
“Se le stime sul 2020 saranno confermate, ha aggiunto Fratini, la perdita di valore aggiunto complessiva per la provincia di Terni dal 2008 ad oggi, potrebbe superare i 20 punti percentuali. Gravissime le ripercussioni sul piano sociale, con un reddito medio ulteriormente ridotto (siamo tra i 19.000 e i 20.500 euro) e un tasso di famiglie sotto la soglia di povertà che per la prima volta sfiora il 16%”.
Dati preoccupanti che sono stati commentati dal segretario generale della Cgil di Terni Claudio Cipolla.
“Il Pil pro capite dal 2008 al 2020 è diminuito, ha detto, il territorio del sud dell’Umbria rischia di avere una riduzione del 30%. Anche l’occupazione è in calo: solo nel 2020 si sono persi circa 6000 posti di lavoro e il lavoro che è rimasto è più frammentato, caratterizzato da part-time, da meno diritti, dove le categorie più fragili sono le più penalizzate: le donne, i giovani, i precari. Il settore dell’industria ha ridotto il proprio valore aggiunto del 37%, anche se rappresenta un pezzo fondamentale dell’economia di questo territorio. Ma anche altri settori sono andati in difficoltà: turismo, commercio, trasporto, lavoro autonomo. Nel 2020 hanno cessato l’attività 320 imprese. Il 16% delle famiglie residenti nella provincia di Terni è scivolato nella soglia di povertà e il 25% dei pensionati percepisce una pensione al di sotto dei 1000 €. Un quadro certamente preoccupante che ci fa dire che, purtroppo, le crisi precedenti e quella pandemica ancora in atto non stanno agevolando gli aspetti economici, occupazionali e sociali su questo territorio.
La Cgil ha fatto una scelta precisa legata alla nostra missione fondamentale che è quella della rappresentanza e della contrattazione. Lo abbiamo fatto nei luoghi di lavoro e sul territorio rispetto al Welfare. Lo abbiamo fatto anche assistendo tante persone sul versante della difesa dei diritti: nel 2020 sono state più di 46.000 le pratiche fatte all’interno della nostra organizzazione. Sono aumentati i nuovi iscritti, sempre nel 2000, di 3 mila unità. Oggi la Cgil ha una rappresentanza che supera la soglia dei 24.000 iscritti in tutta la provincia. Questo è un riconoscimento del lavoro fatto, un riconoscimento della nostra azione sindacale, che ci spinge nelle difficoltà a proseguire, ad andare avanti. Ultima considerazione sul 2021, anno che speriamo di rinascita, ma c’è la necessità di accelerare su molti temi, soprattutto in vista della data del 31 marzo, quando ci sarà, salvo novità, lo sblocco dei licenziamenti. Se questo dovesse avvenire si stima che possano perdersi 30.000 posti di lavoro. Noi lo dobbiamo scongiurare. Serve da subito, con i soggetti di questo territorio, un accordo per elaborare progetti, soluzioni e impegni che difendano il lavoro che c’è e provino a progettare insieme un nuovo modello di sviluppo per creare nuovo lavoro. Bisogna rispondere alle disuguaglianze che le crisi amplificano. Noi su questo vogliamo lavorare e rispondere ai bisogni dei cittadini che rappresentiamo. Speriamo di essere ascoltati da tutti coloro che hanno cuore l’interesse generale di questa comunità – ha concluso Cipolla – e stiamo lavorando anche con gli altri sindacati per un’idea di società diversa sfruttando gli strumenti che ci sono: l’area di crisi complessa, la programmazione del Def regionale, il Recovery Fund.”