Un grido di allarme lo lanciano i costruttori di Terni. E’ il loro presidente, Massimo Ponteggia, a sottolineare come “ora abbiamo bisogno di lavorare, di riprendere le attività.”
Dall’Ance di Terni anche una stoccata al governo: si offre liquidità alle imprese facendole indebitare ulteriormente quando sarebbe più logico “pagare i debiti della pubblica amministrazione alle nostre imprese.”
DI MASSIMO PONTEGGIA
L’incertezza sulla data e sulle modalità di riapertura delle costruzioni, è un problema enorme per il settore e soprattutto per la tenuta economica e sociale della Regione e della nostra città.
Siamo stati i primi, di fronte all’emergenza, a chiedere di fermare i cantieri dimostrando responsabilità e attenzione verso la salute di tutti e dei nostri dipendenti in particolare.
Così come ci siamo immediatamente attivati per esprimere non solo generica vicinanza ma una concreta solidarietà.
Come Associazione nazionale acquistando dei ventilatori polmonari distribuiti nella “zona rossa” e a livello locale abbiamo supportato l’ospedale di Perugia e, attraverso il Comune di Terni, abbiamo donato all’ospedale di Terni della strumentazione terapeutica.
Abbiamo subito sottoscritto protocolli sulla sicurezza che sono stati presi a riferimento anche da altri settori, ma ora abbiamo bisogno di lavorare, di riprendere le attività.
Inoltre la situazione dell’Umbria è piuttosto incoraggiante e per questo non si capisce tanta attenzione alla riapertura di altre zone del Paese, molto più colpite dall’epidemia, e ancor meno si capiscono i motivi di tanta attenzione verso altri comparti senza valutare come sia strategico il nostro settore che riattiverebbe il 90% delle diverse produzioni.
Non vogliamo assolutamente rifare l’elenco delle doglianze e dei numeri della crisi dell’edilizia in questo decennio.
Abbiamo finito l’energia per denunciare come si ricorre anche in questo caso a provvedimenti, complicati e inapplicabili per la specificità del settore, per ridare liquidità alle imprese facendole ulteriormente indebitare e non si fa la cosa più semplice, logica e giusta: pagare i debiti della pubblica amministrazione verso le nostre imprese, come sostenuto tra l’altro dall’Unione Europea (quasi 6 miliardi è il credito delle imprese edili) e soprattutto non si avviano immediatamente i lavori già finanziati.
Non chiediamo assistenza ma solo la possibilità di lavorare in sicurezza.