Industria 4.0 è come lo spread: i cittadini non si alzano domattina pensando allo spread – dice il segretario della Lega – ma al fatto che non hanno un lavoro o che non arrivano alla fine del mese. Ecco, appunto. Lo spread in sé è solo un numero, ma ha riflessi sulle tasche di ciascun cittadino (chi non ha un mutuo o due bot nel cassetto?) e, cosa ancor più considerevole, sul costo del denaro per le imprese, ossia sulla possibilità di investire, e quindi sull’ammodernamento o ampliamento di fabbriche esitentie, sulla possibilità di aumentare la produttività – una produttività ancora troppo bassa comporta il fatto che (ancora) in Italia la ripresa economica sia più lenta che in altri Paesi – e quindi di espansione della fabbrica, di aumento dell’occupazione, ecc. ecc.
La stessa cosa vale per Industria 4.0 che si potrebbe semplicisticamente spiegare come un sostegno all’ammodernamento delle imprese, ma ha poi effetti di un certo tipo sui vari risvolti dell’economia: dall’occupazione all’export.
Di questo si è parlato a Terni in un faccia a faccia tra l’amministratore delegato di Ast, Massimiliano Burelli, e il segretario generale della Fim-Cisl Marco Bentivogli. Di questo e di altro: dalle difficoltà dell’Ilva, della questione ambientale, del mercato dell’acciaio, dei dazi, del mercato del lavoro, del ruolo del sindacato.
E s’è scoperto che su tutti questi fronti c’è molto da fare. Innanzitutto perché si discuta e ci si confronti, anche perché vanno sfatate certe false convinzioni: chi dice, ad esempio, che non possano coesistere una produzione industriale “pesante”, come si definiva una volta, ed un contenimento effettivo dell’inquinamento? E’ soltanto questione di mettere in campo tutta la migliore tecnologia, ma non si tratta di impresa insostenibile, come hanno ripetuto sia Burelli che Bentivogli, in un faccia a faccia che non ci immaginava diventasse una specie di giro in tandem, visto che praticamente la consonanza tra le parti è stata considerevolissima.
Tecnologia avanzata, per l’ambiente esterno alla fabbrica, ma anche per la sicurezza al suo interno: se davanti ai forni fusori c’è un robot – ha ricordato Burelli – non ci saranno operai a rischio.
Anche riguardo il ricorso alla tecnologia, e quindi tenendo in considerazione Industria 4.0, vanno sfatate alcuni false convinzioni. Per esempio: è vero che il ricorso alla tecnologia provoca un calo dell’occupazione? Ma allora come spiegarsi – ha sottolineato Bentivogli – che il Paese tecnologicamente più avanzato al mondo, cioè il Giappone (ma vale anche per la Corea del Sud) il tasso di disoccupazione è compreso tra il due e il tre per cento?
Risultati eccellenti che, però, non si raggiungono in un giorno. Al primo impatto certi timori sono concreti, ma è questione di attrezzarsi e nel giro di un decennio il mercato del lavoro si sarà stabilizzato su fronti più avanzati e diversi. Perché nasceranno mestieri nuovi di cui – al momento – nemmeno riusciamo ad immaginare il nome. Un bambino oggi non può più dire da grande farò l’astronauta o il pompiere, o potrà comunque dirlo ma poi col crescere troverà opportunità di professioni nuove altrettanto affascinanti.
Ma ora? Che sta accadendo con l’applicazione di Industria 4.0? Ha davvero effetti positivi? Se una grande impresa come l’Ast non può prescindere dal rinnovamento tecnologico in presenza o meno di incentivi come quelli compresi in Industria 4.0, molto più interessante diventa l’opportunità per una piccola e media impresa, “ossia per il novanta per cento del nostro tessuto produttivo”, ha fatto notare Bentivogli. Soprattutto tenendo conto che l’incentivo è la defiscalizzazione degli investimenti in nuova tecnologia Vale a dire che si tratta di un vantaggio economico che arriva subito nei bilanci aziendali, “e che comunque – ha aggiunto Burelli – anche una grande impresa accetta con piacere perché consente un maggiore impegno nell’innovazione”.
Ecco perché – allora – lo spread ha il suo peso sulla giornata di ogni cittadino, ed ecco perché il discorso che riguarda lo spread è lo stesso da fare in merito a Industria 4.0, “sperando che il nuovo governo – s’è detto – mantenga in vita questo strumento”.
E il sindacato? Come si pone il sindacato nei confronti di un mercato del lavoro destinato a cambiare e che è già molto cambiato? La sensazione è che si stia in ritardo, che non sempre le idee collimino – spesso per niente -. Tenuto conto delle frecciatine (nemmeno sempre “ine”) di Bentivogli ad altre organizzazione sindacali, e considerata la polemica innescata dalla Fiom Cgil sul faccia a faccia limitato ad una sola sigla. Chi ha un certa età non può non pensare con una certa nostalgia ai tempi della Flm.