Due aspetti rendono interessante il racconto di Luca Tomìo sulle vicende legate alla scoperta del disegno della Cascata delle Marmore che egli attribuisce a Leonardo Da Vinci: la scoperta in sé – e perciò un viaggio nella storia dell’arte del Rinascimento e dell’incontro con Terni e l’Umbria da parte di Leonardo – e quel che è accaduto dopo, nell’impatto di Tomìo con la realtà provinciale ternana.
A stimolarlo, nell’occasione, Marco Torricelli, giornalista che ha alle spalle una (ahilui!) lunga esperienza e che, sorretto da un carattere levantino va avanti dritto per la strada di chi richiamandosi alla tecnica giornalistica trova la bussola per svolgere correttamente il mestiere.
Ne viene fuori, appunto, un libro (“Leonardo Da Vinci, le radici umbre del Genio”, Morlacchi ed.) che è per certi versi un giallo storico e nello stesso tempo fonte di conoscenza dell’Umbria – specie meridionale – del suo ruolo nello scacchiere politico della seconda metà del Quattrocento, delle sue peculiarità, delle ricchezze naturalistiche, monumentali, artistiche che Tomìo riscopre e valorizza nello spiegare attraverso quale percorso è giunto a certe conclusioni. E’ l’aspetto del libro che suscita l’interesse, attrae il lettore per il passo che assume di elemento disvelatore di un passato troppo spesso ignorato, bistrattato e snobbato, in un intrecciarsi di vicende, si studi, di scoperte, di prove certe o bisognose di ulteriori conferme. Non è facile dare ad un libro-intervista il passo di un romanzo giallo. Eppure a Tomìo-Torricelli è riuscito, magari senza volerlo nel senso che è la materia trattata ad essere, già di per sé, intrigante, a catturare l’interesse, a spingere a saperne di più e a chiedere a gente come Luca Tomìo di andare avanti nonostante le difficoltà.
Difficoltà oggettive che si presentano davanti ad ogni ricercatore che però le affronta con la forza che gli dà il rigore scientifico supportato da conoscenze solide oltre che da dubbi che lo spingono sempre a cercare ulteriori e più minute conferme. Ci sono poi difficoltà, anche queste oggettive, ben più impegnative: quelle che nascono dall’indifferenza e dalla diffidenza, dalla supposizione di certi “tromboni” che bastino due visite ai musei o la lettura di un manuale di storia dell’arte per ammantarsi del titolo di “esperti”.
Questo è il secondo aspetto interessante del libro. Un ritratto di Terni che spiega da solo perché sia così difficile ormai da tempo compiere un sia pur piccolo passo avanti. Una città e la sua classe dirigente incapace di rischiare, di avere e concedere fiducia alle novità, sena diffidi dare di tutto ciò che va ad incrinare la tranquillità di un mondo immobile che si teme di cambiare al punto di preferire l’autocastrazione. Storici improvvisati, pseudo-cultori dell’arte, gente che si crede un artista per aver passato una mano di bianco sulle pareti della cameretta.
E così, in un incrocio ferale tra supponenza e paura del diverso, si perdono occasioni importanti che porterebbero un territorio al centro di una dibattito che non può non suscitare interesse anche al di fuori del mondo scientifico. Quale altra sede “naturale” poteva esistere se non Terni per studiare, osservare, dibattere, sollecitare ulteriori ricerche, inserirsi in circuiti anche turistici che non si limitino a magnificare la Cascata solo per la sua altezza, fino a ridurla a “fenomeno da baraccone” e considerare la sua spettacolarità l’unica attrattiva turistica del Ternano insieme al lago di Piediluco. Intendiamoci: sono a ragione leve di turismo, ma inserite in un territorio ben più ricco e tutto da esplorare. Con una Cascata delle Marmore che ha in sé elementi di interesse notevoli, sulla sua conformazione, sulle funzioni civili e militari ricoperte in un territorio intero, del “culto” nato dalla percezione di un qualcosa di misterioso oltreché affascinate che ne hanno fatto tanti animi sensibili dell’epoca del Grand Tour. Può essere elemento sovvertitore di tante certezze storiche, la presenza di Leonardo in Umbria e questa riproduzione della Cascata della valle di Terni (e dei sui punti militarmente sensibili), un Leonardo giovane che si spostava spesso dalla sua Toscana: ingegnere militare, oltre che architetto, inventore, pittore e chi più ne ha più ne metta. Tutto ciò è stato considerato con la massima distrazione, con noncuranza. E se “giallisticamente” il libro suscita interesse e per molti versi stupore, col suo secondo aspetto sollecita indignazione.
Nel frattempo per le celebrazioni dei cinquecento anni dalla nascita di Leonardo il disegno sta esposto a Perugia, quella Perugia che – dicono in molti – in Umbria non concede niente agli altri, ma soprattutto a chi non è capace di progettare, rischiare e magari sognare.
Luca Tomìo, Marco Torricelli “Leonardo da Vinci. Le radici umbre del Genio”. Prefazione di Federico Bona Galvagno. Morlacchi editore, Perugia. P.142, € 10.