Sara Giovannelli lascia l’incarico di segretario comunale del Pd di Terni. Si dimette, insomma. Un atto che – ovviamente – è collegato alle vicissitudini elettorali del Pd a Terni, rotolato dal 33 per cento ad un misero 21 per cento alle politiche del marzo scorso e poi piombato al 12 e mezzo per cento solo quaranta giorni dopo in occasione delle elezioni comunali.
Una situazione preoccupante per tutta la sinistra ternana, anche per chi ora, da fuori, spara contro un meccanismo di cui ha fatto parte a lungo senza accorgersi – probabilmente – di niente, o altrimenti avallandolo. Di richieste di dimissioni, dopo il tracollo, ne sono arrivate diverse dall’interno del Pd già da subito dopo il promo turno delle comunali, quando il Pd dovette cominciare a leccarsi le profonde ferite infertegli a colpi di urne elettorali. Ma Sara Giovannelli ha tenuto duro ritenendo di non essere lei – arrivata alla segreteria da pochi mesi – la responsabile di quanto accaduto e, semmai, certo non l’unica. Di averci, anzi, messo tutta sé stessa per dare una svolta. Senza accorgersi che la manovra era di fatto impossibile.
Ora c’è chi spera che le dimissioni della segretaria servano da sferzata. Che si proceda verso un punto e a capo. Sarà così? Se è lei l’unica andarsene il risultato sarà che per l’ennesima volta si sarà bruciata in una grande fumata un’altra energia nuova, quella appunto di una donna, giovane, entusiasta, con una buona base teorica, buttata allo sbaraglio e lì lasciata. Sola, con l’unico supporto di qualche consulente apparso per la verità non del calibro adatto visto il compito da affrontare. Ha ragione, Sara Giovannelli, quando sostiene che non è a lei sola che si possano dare colpe. Anzi, che le sue sono poca cosa al confronto di 25 anni di divisioni, di odi, ripicche, e in epoca più ”moderna” di posizioni di vertice arrivate addosso ad ex terze e quarte schiere, subito pronte a mettersi l’elmetto e arroccarsi in trincea. Succeda quel che succeda.
Nel respingere le prime richieste di dimissioni dell’intero gruppo dirigente, Sara Giovannelli, si è paragonata al capitano di una nave che non lascia lo scafo in balia delle onde quando sta per affondare. Ma non poteva farcela da sola. Mare troppo grosso per lei. Questo, probabilmente, è stato il suo grande errore, in un’illusione di potenza che credeva propria – visto l’incarico che ricopriva – senza rendersi conto che lei era solo quella invitata con un “vai avanti tu…”. Né prendendo coscienza della propria inesperienza e pensando, anzi, il contrario.
Il passaggio di mano da parte del segretario Pd ha innescato qualche facile e blando entusiasmo. In Alessandro Gentiletti, ad esempio, consigliere comunale di Senso Civico, una lista cittadina appoggiata da Liberi & Uguali, unico ad intervenire con un discorso serio sulla vicenda fino ad ora. Il sospetto è che serva ben altro prima che certi ragionamenti e confronti possano avviarsi. Cosa? Lo dice la stessa Sara Giovannelli nello spiegare i motivi delle sue dimissioni, quando tra l’altro afferma “…i cittadini ternani hanno avuto purtroppo la chiara visione di un gruppo dirigente diviso da tempo e impegnato soprattutto in lotte intestine.” E aggiunge: “Nell’assumermi la mia parte di responsabilità, come è giusto, ritengo però che la stessa vada condivisa con tutti coloro che hanno in questi anni, a vario titolo, gestito il partito e/o ricoperto incarichi istituzionali”. L’invito è chiaro, ma tutti faranno finta di non capirlo. E Sara Giovannelli rischia di essere il capro espiatorio, l’agnello sacrificato davanti al “dio della guerra”.