«I fagioli, comunque, erano uno schifo». Così recitava Terence Hill in “Lo chiamavano Trinità” dopo aver mangiato avidamente il più classico dei pasti da cow boy. Un’apparente contraddizione che potrebbe riassumere i tanti pensieri dei tifosi ferraristi, che finalmente sono tornati ad assaporare il gusto della vittoria a Melbourne con Sebastian Vettel (primo al debutto iridato, davanti alle Mercedes di Hamilton e Bottas), non però senza qualche perplessità. Come chi, dopo un lungo digiuno – che durava dal Settembre 2015 – si rifà con un’abbuffata, ma non si sente pienamente sazio.
I dubbi, nella fattispecie, riguardano lo spettacolo, i sorpassi. Il vero condimento della F1. Tanto che nemmeno un successo cristallino come quello di oggi – quasi 10 secondi di vantaggio sul primo degli inseguitori – può dirsi completo. Quasi che mancasse qualcosa: il divertimento, appunto, menomato dai nuovi regolamenti che esaltano l’aerodinamica e rendono quasi impossibile scavalcare in pista chi è davanti. E i sorpassi, in effetti, si potrebbero contare sulle dita di una mano. Di certo lo stesso circuito australiano (cittadino) ha contribuito al risultato, con i suoi rettilinei corti e gli scarsi punti di decelerazione; la differenza rispetto agli altri anni però si è avvertita, e – non a caso – i vertici del Mondiale sono già al lavoro per studiare soluzioni alternative.
Il piatto servito – non fraintendiamoci – è stato ricco. Proprio un’abbuffata, e non in senso iperbolico: dopo il secondo posto in qualifica e i primi giri dietro Hamilton in pochi si aspettavano che Vettel riuscisse a sopravanzarlo. E invece, ritardando l’entrata ai box il ferrarista ha mostrato un ritmo imprendibile anche per l’inglese della Mercedes. La tensione c’è stata. L’adrenalina anche. Ci si è sfamati voracemente, rifacendosi del 2016 (anno di stenti per i tifosi del Cavallino). Ma è mancato il momento epico, da pelle d’oca. Tanto da poter dire che il piatto, in fin dei conti, poteva essere cucinato meglio; con la speranza, magari, che alla prossima portata si aggiungano sale e pepe.
(Giulio Sacco)