Durante l’incontro con i media regionali, Meloni e Paparelli hanno poi spiegato che “il fantomatico riequilibrio dei posti letto privati e accreditati, tra province, si regge su premesse errate e alquanto discutibili. Infatti non vengono spostati posti letto dalla Asl 1 alla Asl 2, ma c’è un aumento di complessivo 95 posti privati che segna un passo ulteriore verso la privatizzazione del sistema sanitario. L’escamotage usato per far lievitare il numero di posti è quello di utilizzare come base demografica quella relativa al 2015 e non i numeri della popolazione umbra attuale. Tutto ciò senza una spiegazione plausibile. L’ultima delibera, quella preadottata a dicembre, contiene forzature di natura amministrativa che non possono essere taciute, perché illegittime, in quanto costituiscono una palese violazione del mandato di un’istituzione pubblica. La Giunta Tesei sta producendo atti di programmazione sanitaria senza il dovuto coinvolgimento e autorizzazione da parte del Consiglio regionale”.
“L’Umbria – hanno aggiunto ancora Paparelli e Meloni – fu nel 2016 l’unica regione italiana ad aver fatto eccezione rispetto alle riduzioni dei posti letto previste dall’entrata in vigore del Decreto ministeriale n.70/2015 in quanto aveva già avviato da diversi anni un percorso virtuoso di miglioramento dei livelli di appropriatezza di tutta la rete ospedaliera regionale. La delibera di Giunta 212/2016 riguardò allora l’intera offerta ospedaliera regionale senza legittimamente stabilire a priori l’offerta privata futura accreditabile, per ovvi motivi di imparzialità, come imposto dalla Costituzione italiana, ma anche di economicità del sistema. In questo il DM 70 è molto chiaro: è evidente che non possa essere il gestore pubblico a forzare il soggetto privato a diventare parte integrante del servizio sanitario. La modalità di interazione tra privato e pubblico è disciplinata in maniera tale da rispettare la piena autonomia di iniziativa del soggetto privato senza assoggettarlo in alcun modo alla programmazione pubblica. Alla luce di questo non si comprende come mai nella delibera 1418 del 30 dicembre la Regione Umbria senta l’esigenza di stabilire a priori l’entità dell’offerta ospedaliera privata”.
“Il risultato finale dell’operazione – hanno ancora affermato i consiglieri PD – è un incremento nel numero complessivo dei posti letto regionali di 43 unità, mentre il settore che riconosce il maggior incremento numerico è quello dei privati che passa da 272 a 377 posti letto. Ovvero 105 posti in più. I dati che non tornano sono rappresentati sia dall’incremento del numero complessivo di posti letto contrario al DM 70, sia per il fatto che l’entità dei posti accreditabili non può essere determinata a priori, ma è residuale rispetto ai fabbisogni cui il sistema pubblico non riesce a corrispondere. In questa fase lo scenario è molto diverso dal 2016 in quanto il parametro ‘popolazione residente’ che concorre alla quantificazione dell’indicatore da utilizzare per stabilire la dotazione di posti letto, ha subito nel corso degli anni una progressiva erosione, come riconosciuto nello stesso atto deliberativo. Nonostante questa consapevolezza l’istruttore ha agito basando arbitrariamente i propri conteggi su un indicatore demografico vecchio ormai di 8 anni (popolazione ad inizio 2015). Se l’istruttore dell’atto deliberativo avesse tenuto conto della riduzione di circa 50.000 residenti intervenuta in questo arco temporale, che di fatto contrae sensibilmente la massa di posti letto disponibile (oltre un centinaio), questa ‘operazione speciale’ probabilmente non si sarebbe potuta fare”.
“Alcune questioni di contesto – hanno concluso i due esponenti dell’opposizione consiliare – rendono del tutto impraticabile la strada che la deliberazione 1418 del 2022 ha tracciato. L’andamento dell’attività di ricovero negli ospedali della regione risulta in costante diminuzione, al di là della dotazione di posti letto. Il decremento nel periodo 2013 fino al 2019 è stato di circa il 14% se si considera il 2020 l’anno della pandemia il decremento sempre riferito al 2013 è stato di circa 32%. In una situazione di questo genere prevedere degli ampliamenti di posti letto complessivi, con meno posti letto pubblici e poi posti letto per privati attraverso artifizi che poco hanno a che vedere con la tutela della salute pubblica lascia molto perplessi. Altro elemento di contesto che rende proibitiva l’espansione del numero dei posti letto è dato dall’andamento economico finanziario della gestione sanitaria della regione dell’Umbria che ha un disavanzo annunciato per quest’anno di oltre 200 milioni di euro. L’ultima discriminante è rappresentata dal fatto che con 230 milioni di debito acclarati mancano totalmente i fondi per il personale che si dovrebbe assumere per gestire i posti letto in più. Restiamo sbigottiti dalla superficialità, dall’approssimazione e dall’alto grado di opacità dei provvedimenti esaminati che non lasciano sperare bene per il futuro della nostra regione. Piuttosto di investire in posti letto, infatti, bisognerebbe investire sull’offerta dei servizi di medicina territoriale”.