A Terni sono già arrivati dei profughi ucraini, per lo più congiunti di badanti che da anni lavorano in città. Con loro portano poche cose, quello che sono riusciti a strappare alle bombe. Il loro è stato un viaggio lungo e doloroso.
“Tutte le persone ucraine che lavorano qui, che per fortuna hanno un lavoro, spiega il Direttore Caritas Diocesana Terni-Narni-Amelia Fra Stefano Tondelli ,quando i loro familiari sono sotto le bombe li chiamano, li vogliono vicini. A me chiamano dicendo ‘mia figlia con i bimbi arriva domani, mia figlia è bloccata in città, ma sta cercando di scappare senza niente’. Sono già arrivate delle persone e le abbiamo raccolte in alcuni appartamenti di fortuna alcuni, la maggior parte, sono nelle case assieme loro famigliari. Nei prossimi giorni dovrebbe aprirsi l’accoglienza prefettizia e dovrebbero essere inseriti quindi nelle case. Noi intanto stiamo cercando di accoglierli come possiamo. Abbiamo accolto oggi una famiglia che era in mezzo alla strada e due mamme con cinque bambini che durante la strada hanno vomitato, stavano male, hanno mangiato poco. Andremo in questura perché se uno non ha casa deve farlo presente.”
I ternani, si sa, hanno un cuore grande, ma non altrettanto il portafoglio e quando in casa arrivano 5/6 persone in più la differenza si sente.
“Alcuni pensionati già mi hanno chiamato – conferma Fra Stefano – e mi hanno detto ‘c’è la badante ucraina che sta con me da vent’anni, ho fatto venire i suoi cinque nipoti però mi aiutate poi a pagare le bollette?’ e noi abbiamo detto state tranquilli, qualcosa faremo, nessuno sarà lasciato solo.”
Sul versante aiuti Fra Stefano invita tutti alla calma.
“L’altro giorno gli ucraini hanno fatto una manifestazione e alla fine si sono trovati 100 sacchi di vestiti di cui non sapevano cosa fare. Bisogna avere pazienza e quando i ternani sapranno che delle famiglie sono vicino a casa loro con prudenza, con semplicità e con attenzione, avvicinarsi e sentire i loro bisogni. Le grandi raccolte in questo momento non funzionano. Dobbiamo aspettare che si aprano i corridoi umanitari.”