“Lavoratori stagionali sfruttati e malpagati, iper formati ma costretti a qualsiasi mansione per paghe irrisorie, senza tutele e senza presidi di sicurezza”. Questa la denuncia della Uiltucs dell’Umbria, che nonostante l’alta stagione e la grande attenzione turistica che sta ricevendo l’Umbria sia a livello mediatico che di presenze, punta i riflettori “sui protagonisti del turismo, troppo spesso attori invisibili, come i lavoratori”.
“Le denunce dei lavoratori che arrivano nei nostri uffici sono ormai diverse – dicono al sindacato – Nelle strutture troppo spesso, si nascondono i casi come quelli dei lavoratori che si rivolgono a noi: lavoratori molto qualificati, che troppo spesso si sono trovati a fare tutt’altro rispetto a quanto previsto svolgendo mansioni inferiori rispetto alla loro professionalità e competenza. Lavori quasi di cantiere, senza dispositivi di protezione individuale, senza orari e senza tutele”.
“Un quadro piuttosto desolante e troppo comune – sostiene la Uiltucs dell’Umbria – soprattutto se messo in relazione alla disillusione totale dei più giovani, consapevoli di trovarsi in molti casi a fare qualcosa di non previsto nel contratto di lavoro ma svolto spesso per paura di perdere l’impiego. A questa situazione insostenibile, fatta di giornate di riposo non svolte e turni di lavoro infiniti si aggiungono le offese, le minacce e le denigrazioni che vengono rivolte a chi provi a far notare ai titolari delle strutture o ai responsabili, queste problematiche esistenti. Per non parlare di quello che viene subito se si incorre nella ‘malaugurata’ possibilità di dover ricorre al certificato medico per una patologia che subentra. Il tutto essendo poi ospitati in alloggi consegnati sporchi e poco praticabili e un vitto senza alcun tipo di scelta, anche di fronte ad esigenze personali indifferibili. Corre l’obbligo di sottolineare, dunque – conclude la Uiltucs dell’Umbria – che un turismo di qualità è fatto anche da personale di qualità, motivato e ben pagato. Il resto sono passerelle e flash e non possiamo stupirci se poi le strutture ricettive faticano a trovare lavoratori, che spesso preferiscono rinunciare a fronte di impieghi portatori di lacrime, rabbia e sconforto e non di realizzazione e soddisfazione personale, come invece sarebbe giusto”.