“Annunciata con grande enfasi oltre due anni fa, la Convenzione tra Regione e Università degli studi di Perugia, analogamente alla delibera della giunta regionale sulla rete ospedaliera, è stata ridotta sostanzialmente, dopo anni di polemiche e pareri contrari espressi da ogni dove, ad una mera modifica della disciplina dei rapporti esistenti, che pare avere come pretesto e principale obiettivo quello di superare la disciplina regionale vigente in materia di nomine dei responsabili delle strutture complesse universitarie, che in virtù del’’ex dgr 831 del 22.7.2013 (in attuazione del decreto Balduzzi), prevedeva una procedura di tipo selettivo riservata ai docenti universitari, analoga a quella dei primari ospedalieri.
La montagna ha dunque partorito il topolino ovvero il ritorno alla scelta discrezionale riservata al Rettore, che non richiede prove e valutazioni di evidenza pubblica rispetto al profilo richiesto e alle capacità dell’aspirante primario. Tutto ciò alla faccia del merito e di politiche della salute che vedano al centro l’interesse primario della persona”.
È quanto sostiene in una nota il consigliere regionale del Pd, Fabio Paparelli.
“Il procedimento di revisione dei rapporti tra Regione e Università – aggiunge Paparelli – era iniziato con il ‘memorandum’ del 27 gennaio 2020, quindi ben 4 anni fa. L’obiettivo dichiarato era quello di avviare il percorso per la realizzazione delle Aziende integrate e, contestualmente, venivano prorogati i commissariamenti per sei mesi, con l’obiettivo di chiudere tutto entro il 31 dicembre 2020. Ma così non è stato. L’altro elemento di novità contenuto nella nuova convenzione è rappresentato da un passaggio che dice: ‘le parti si impegnano ad attivare le procedure per la copertura delle strutture complesse vacanti, nel più breve tempo possibile e comunque entro 120 giorni dalla sottoscrizione del presente atto’. Ciò conferma il fatto che in tutto questo tempo il sistema è stato bloccato, in precarietà organizzativa, senza la funzione primariale ma soprattutto senza reclutamento, che ha provocato uno scadimento del quadro professionale generale e il declino dell’attrattività del sistema, con conseguente perdita di competitività. Scorrendo il nuovo allegato della Convenzione si rileva inoltre che in materia di riorganizzazione della rete ospedaliera l’assetto rimane sostanzialmente invariato rispetto a quello deliberato a dicembre. Quindi la riorganizzazione è del tutto relativa; niente superamento di presunti doppioni. I Dipartimenti inoltre rimangono pressoché invariati e non divengono interaziendali, rinunciando così anche ad un minimo di coordinamento professionale, che era una scelta di più di 10 anni fa”.
“Più che passi verso il futuro della modernizzazione del sistema sanitario pubblico regionale, mi pare – sottolinea Paparelli – che assistiamo ad un ulteriore arretramento e a un ritorno a riti superati. La cosa più grave, infatti, è che mentre in passato si era consolidato il principio per cui in caso di Struttura Complessa vacante venivano scelte le apicalità in modo flessibile, scegliendo di volta in volta i migliori, oggi si assiste ad una spartizione dei primariati a tavolino dove, ad esempio su Terni, viene concesso all’Università l’allargamento della sua sfera di influenza, a partire dal dipartimento di medicina, con la gastroenterologia, l’endocrinologia, e ‘salvando’ solo alcuni buoni professionisti ospedalieri con le Strutture Semplici Dipartimentali, geriatria, stewardship, reumatologia. Con quale criterio? Altri esempi riguardano il dipartimento di Chirurgia su cui si assiste alla cervellotica acquisizione dell’Ortopedia da parte dell’Università, materia su cui gli ospedalieri hanno una lunga tradizione, e al baratto con la Chirurgia della mano, per la quale è anche difficile trovare specialisti. In Urologia viene meno la struttura interaziendale del professor Mearini, con conseguente perdita di competitività del Santa Maria. L’otorino, dopo che per parecchi anni era stata coperta da un primario ospedaliero anch’essa diventa oggetto di spartizione a tavolino. Molte altre questioni come la cardiochirurgia o il maxillo-facciale restano sospese, in attesa di momenti migliori, altro che indeterminate verifiche. Tra le poche note positive per Terni c’è il primariato di Radiologia interventistica, a riconoscimento di una superiorità in campo regionale che deriva da lungimiranti scelte fatte in azienda a partire dalla fine degli anni ‘90 per l’introduzione di tale disciplina e di un primato tecnologico importante in campo angiografico”.
“Seppure con le note negative sottolineate soprattutto sul versante del merito – conclude Paparelli – aver fatto un passo indietro sull’azienda integrata così come era stata concepita, almeno per Terni, significa un successo delle opposizioni che su questo tema si sono battute anche con raccolta di migliaia di firme. Siamo altrettanto soddisfatti di aver contribuito a stoppare un protocollo originario, tutto sbilanciato sull’Università di Perugia in termini di potere e spese. Resta il rammarico del venir meno del concetto di merito a favore di una spartizione a tavolino che non tiene conto delle eccellenze, della storia e della competitività delle aziende in termini di mobilità attiva e passiva”.