Saltano un turno gli innovatori liberali. Non partecipano alla imminente tornata elettorale. Così la pensa Giorgio Armillei , vice presidente dell’Azione Cattolica. Lo scrive in un post sul suo profilo Facebook che analizza la situazione attuale e le opzioni in campo.
Secondo Armillei Lega e Movimento 5 stelle, che si contenderanno il governo della città, rappresentano “facce della stessa medaglia” , sono i “gemelli diversi del populismo”. Un populismo che ha radici lontane (ma anche recenti),a Terni, sempre secondo l’analisi di Armillei. Non resta che sperare nei “moderatori” che andranno in qualche modo al governo della città. Che sappiano , non solo “contenere” ma anche mettere in moto una “futura alternativa”.
L’ANALISI DI GIORGIO ARMILLEI
Cominciamo con una premessa: il populismo – non una parolaccia ma un termine tecnico, descrittivo – a Terni come in Italia ha due facce, quella del M5s e quella della Lega. Si tratta di facce di una stessa medaglia. Nella prima appare una delle componenti del populismo: superare la democrazia rappresentativa e le sue strutturali istanze pluraliste. Nella seconda appare l’altra componente: la difesa identitaria della comunità locale dalle presunte minacce esterne, terreno sul quale la Lega incontra FdI. Nelle prossime elezioni di giugno Terni si avvia ad una partita finale tra i gemelli diversi del populismo. Per effetto dei riflessi locali del clima politico del paese – il risultato del 4 marzo – ma anche dell’ostinata resistenza delle componenti innovative del PD e di Forza Italia a convergere verso un nuovo allineamento lungo l’asse liberali vs populisti, integrativo e ormai quasi sostitutivo del vecchio asse destra vs sinistra. Ma c’è dell’altro. Considerando il successo dello schieramento populista nel recente voto del 4 marzo a Terni, viene da chiedersi – tra le tante altre cose – se non ci sia qualche radice remota nel populismo ternano, se non si disponga di indizi che consentono di rintracciare nel Novecento ternano particolari e per così dire aggiuntive condizioni favorevoli alla diffusione del consenso populista. Beninteso non si tratterebbe di condizioni diverse rispetto al resto del paese. Ma particolari e aggiuntive sì, tali insomma da caratterizzare in qualche modo la situazione politica della città. E si tratterebbe di condizioni remote che si aggiungono a quelle prossime, ben più pressanti: dal declino economico a quello politico amministrativo.A guardar bene qualche traccia la scoviamo se guardiamo alle matrici di destra e di sinistra dell’offerta populista. Nella prima metà del Novecento, il fascismo ternano fu conservatore, tradizionalista, identitario, ruralista. La modernizzazione degli anni Trenta a Terni passò non per l’azione del regime ma per quella della fabbrica, della Terni. Quella fabbrica che alla fine dell’Ottocento venne accolta con fatica in nome dell’ancor più conservatrice “Terni dei ternani” con cui i ceti dirigenti della città tentavano un impossibile difesa comunitarista del passato preindustriale. Terni insomma come città modernizzata ma non modernizzante. Dall’altra parte il socialismo, poi il comunismo e in generale la sinistra hanno dato spazio a una componente sovversivista, antimoderna, fatta di antagonismo latente, di rivolte, di azioni di protesta, forme di lotta incontrollate, fino “all’ultima fiammata sovversiva” del 1953. Ce lo raccontano Angelo Bitti in un ricchissimo volume appena pubblicato per Franco Angeli e Gianfranco Canali in un noto saggio – ormai di quasi trenta anni fa – nel volume sull’Umbria della Storia d’Italia per Einaudi. Occorre partire anche da qui per trovare le radici di lunga durata della finale populista per le prossime elezioni: reazione tradizionalista e sovversivismo di sinistra. Tanto che il centrodestra quando è giunto a governare la città negli anni Novanta lo ha fatto ricorrendo a un “prestito romano” per di più dal sapore almeno inizialmente trasversale: dal conservatorismo a km zero non sarebbe scaturita un’adeguata capacità di attrazione. Al contrario la sinistra – ancora l’altro ieri – ha inseguito il sovversivismo protestatario presente nelle maglie della società ternana, fino a porsene alla testa con l’obiettivo di governarlo: dagli slogan nazionalistici contro “i tedeschi” all’occupazione delle stazioni e delle strade. Se non dunque l’identità della città, certamente la sua storia e la sua memoria sono attraversate da pulsioni populiste che tendono a riemergere ad ogni passaggio di fase, ad ogni giuntura critica tra un assetto stabilizzato e il successivo ancora da consolidare.Non disponendo dunque di un’alternativa ai populismi gemelli, non resta che auspicare un robusto funzionamento dei motori moderatori che finiranno in qualche modo con il condividere con i vincitori le responsabilità di governo della città. Un funzionamento che non si limiti al contenimento ma metta in moto, dall’interno, una delle possibili gambe della futura alternativa. Una buona parte di innovatori liberali salterà un turno. Quanto si era auspicato qualche tempo fa non si è realizzato: una robusta rete di innovatori, realistica, nazionale, di rottura e trasversale non si è concretizzata. Ma nelle vicende politiche saltare un turno non è quasi mai un buon affare. Conviene interrogarsi sulle ragioni di questo stato delle cose: le colpe – sia chiaro – stanno solo ed esclusivamente nel campo degli innovatori. C’è dunque molto da lavorare, facendo però presto: il tempo a disposizione per Terni si va esaurendo.