Si è svolta ieri sera per le vie del centro storico di Terni la solenne processione nell’ambito della festa del Preziosissimo sangue di Gesù.
La reliquia è custodita nell’altare appositamente costruito e la storia descritta in un dipinto del XVIII secolo, posto sulla parete sinistra del presbiterio, di fronte all’organo, rievoca l’incontro di San Giuseppe da Copertino con il cardinale Rapaccioli. Quando il cardinale, che si recava ad Assisi per incontrarsi con l’amico Santo, giunse nei pressi della basilica di San Francesco, vide venirgli incontro San Giuseppe, che precedeva i frati sorreggenti il baldacchino e altri che recavano ceri, turibolo e croce processionale. Giunto all’altezza del cardinale, il santo, divinamente ispirato, si inginocchiò adorando la reliquia del Preziosissimo Sangue, che il cardinale segretamente recava con sé. L’episodio è una prova indiretta dell’autenticità della reliquia offertaci da San Giuseppe da Copertino, che l’anonimo pittore ha voluto affrescare a lato dell’Altare Maggiore, eretto nel 1762, al fine di custodire nel suo interno la preziosa reliquia.
Ieri sera, portandola in processione, Don Alessandro Rossini, insieme a diaconi e altri parroci della diocesi ha inteso rievocare un fatto accaduto circa 600 anni fa. Siamo infatti nel 1656 quando da Napoli giungono notizie preoccupanti di svariati casi di peste; in breve il contagio si era esteso assumendo l’aspetto di vero e proprio flagello. Da lì a poco l’epidemia si diffonde a macchia d’olio assumendo la dimensione di un flagello biblico. Il vescovo di allora, Mons. Gentili, dinanzi all’impotenza degli uomini, il 21 giugno del 1657 preleva dalla Cattedrale, ove era custodita, la Reliquia contenente il Sangue di Cristo e, in processione seguito dal capitolo del Duomo, sale sull’alto della torre dei Barbarasa e da lì benedice la città auspicando l’intervento divino. Passa qualche tempo, sul finire di agosto i casi di peste diminuiscono fino a cessare gradualmente del tutto. La città, come al sopraggiungere della primavera, torna lentamente a rivivere.
Don Alessandro Rossini non è salito in cima alla torre dei Barbarasa per benedire la città. Lo ha fatto dinanzi alla sede del palazzo comunale.